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sabato 02 agosto 2025

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

L’invertebrata von der Leyen e il Lula-risk

di Adolfo Santoro - sabato 02 agosto 2025 ore 08:00

La pax americana, caratterizzata dall’infischiarsi del diritto nazionale e internazionale, dal divide et impera e dall’aggressività delle armi e dei dazi, è organizzata attorno all’imperatore Trump, al suo sgherro dichiarato (il sionista Netanyahu) e alle quinte colonne nelle democrazie-satelliti (il governo italiano, il cancelliere tedesco, il leader laburista ed i tanti staterelli minori). È un’internazionale che nega di essere omofoba, razzista o fascista, ma che si comporta come se lo fosse. Il suo campo d’azione più ambiguo è l’Unione Europea, quell’espressione geografica, rappresentata, per così dire, dalla cedevolezza invertebrata di Ursula von der Leyen, che ha già dato prova di sé nel bellicismo del 5% del PIL e che coerentemente si è espressa nella recente trattativa con Trump sui dazi (esaurita in 6 minuti).

Ha scritto il direttore della rivista Su la testa, Paolo Ferrero:

Quello siglato tra Trump e Ursula von der Leyen non è un accordo, ma una svendita che sancisce il ruolo per l’Unione Europea di colonia – o se volete di protettorato – degli Stati Uniti. …

Nella retorica trumpiana, riprodotta e supportata dai media e dai governanti europei, i rapporti economici tra gli Usa e l’Unione Europea vengono descritti come completamente squilibrati e i dazi sono quindi legittimati per riequilibrare questa situazione ingiusta. Si tratta diuna bugia colossale, priva di ogni fondamento. Nei rapporti tra Usa e Ue infatti gli Usa hanno un disavanzo di 213 miliardi per quanto riguarda le merci, ma hanno un avanzo di 156 miliardi per quanto riguarda i servizi e di 52 miliardi per quanto riguarda i capitali. In sostanza il disavanzo economico reale tra Usa e Ue è di soli 5 miliardi.

A ciò si aggiunga che un mese fa i paesi del G7, su pressione degli Usa, hanno deciso di non applicare la tassa minima globale sulle multinazionali.

A ciò si aggiunga anche che due settimane fa, all’interno discussione del bilancio pluriennale 2028-2034, l’Unione Europea ha eliminato dalla proposta anche la digital tax, prelievo mirato a colpire i big della rete come Google, Meta e Amazon; ne consegue che le aziende Usa che vendono servizi all’Unione Europea non vengono quasi tassate in quanto hanno tutte sede in Irlanda, che praticamente si comporta come un paradiso fiscale.

A ciò vanno si aggiungano l’acquisto di“una grande quantità” di armi non meglio precisata, 750 miliardi di gas (ad un prezzo assai maggiore di quello che pagavamo alla Russia) e 600 miliardi di investimenti che l’Unione Europea si è impegnata a fare negli Usa nei prossimi anni.

A ciò si aggiungano gli ostacoli non finanziari al libero commercio, contenuti nella bozza di TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) contrattata qualche anno fa: l’abolizione delle regole europee relative al cibo (OGM, carne con ormoni etc), l’abolizione dell’iter europeo dell’immissione in commercio di nuovi farmaci etc.

Al settimanale Time, che ha dedicato una copertina al Presidente del Consiglio d’Italia chiedendosi Dove Giorgia Meloni sta portando l’Europa? ha, nei fatti, risposto Rosy Bindi: Una mano a Trump l’hanno data anche il nostro governo e la nostra presidente del Consiglio. Capiremo se persino lei voglia davvero vedere i dettagli. Figuriamoci noi. … Su quella percentuale del 15% lei ha dato una mano, perché in conferenza stampa assicurò che i dazi sarebbero stati al 10%. Ma capimmo subito che sarebbero stati superiori: se durante una trattativa anticipi il punto di caduta, stai facendo un grande regalo a chi ha la posizione di forza. … È una situazione imbarazzante, difficile, complicata, che avrà conseguenze molto serie sull’economia e, soprattutto, sulla società italiana: sul lavoro, sui beni fondamentali. Ricordo un’altra conferenza stampa della presidente del Consiglio, quando in sede Nato fu raggiunto l’accordo su quel famoso 5%. Disse che quell’intesa sulle armi avrebbe contribuito a mitigare l’aggressività americana sul fronte dei dazi. Certo, l’abbiamo visto… Le armi si comprano dagli americani, e i dazi non sono rimasti sotto quel 10% che lei indicava come punto di equilibrio.

Il malfidato Matteo Renzi ribatte che tutte le tattiche della Meloni rientrano banalmente solo nella strategia di diventare quella che succederà a Mattarella.

La domanda più comune che circola nei talk-show televisivi è: L’Unione Europea aveva un’alternativa alla genuflessione all’imperatore? , risponderebbe il presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva (ma anche i suoi colleghi di Cina, Canada, Messico eccetera).

Trump ha annunciato, all’inizio dei luglio, che dal 1° agosto il Brasile sarebbe stato sottoposto a dazi del 50%, il che è soprattutto un attacco diretto a Lula, che sta orientando la politica economica dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e alla sua sfida sempre più aperta alla sfida del dollaro. Lula ha risposto: Trump non governa il Brasile, è stato eletto per governare gli Stati Uniti non per essere imperatore del mondo! Trump ha collegato l’imposizione dei dazi alla situazione interna brasiliana accusando la magistratura di perseguitare l’ex-presidente del Brasile Bolsonaro, che aveva tentato un colpo di stato simile a quello tentato da Trump nell’assalto di Capitol Hill. Questo attacco di Trump ha avuto un effetto immediato sui titoli brasiliani in borsa e sui prezzi delle merci-chiave del bilancio commerciale del Brasile con conseguenze sull’economia brasiliana e sulla spesa dei consumatori USA. Ma Trump ha difeso questo terremoto economico dicendo di voler proteggere gli interessi americani e di voler garantire la giustizia internazionale (quale ipocrisia!). Trump ha inoltre cercato di usare lo stesso strumento usato contro la Cina nella guerra dei dazi a proposito dei colossi tecnologici e ora anche il Brasile è nella lista nera assieme a Canada, Corea del Sud e Unione Europea.

Lula non si è fatto intimidire ed ha pubblicamente denunciato i dazi come ricatto inaccettabile e ha difeso con forza l’indipendenza della magistratura brasiliana. Ha inoltre ricordato che già nel maggio 2025 il Brasile aveva proposto un accordo commerciale con gli USA e che le porte del dialogo erano ancora aperte, ma non a queste condizioni! Il Congresso brasiliano ha approvato rapidamente una legge sulla reciprocità commerciale consentendo di rispondere immediatamente con dazi contro le aziende tecnologiche statunitensi. È stato formato un comitato speciale per rivedere tutta la politica commerciale e preparare le contromisure. Lula ha anche minacciato di reindirizzare più della metà delle esportazioni brasiliane verso i mercati BRICS. E il popolo brasiliano è sceso in piazza in decina di migliaia di persone nelle principali città brasiliane e la popolarità di Lula è aumentata anche nella destra brasiliana.

In questa guerra il Brasile rischia di perdere il 3-4% del suo PIL, ma anche le famiglie USA pagheranno questa guerra proprio nel momento in cui l’inflazione torna a salire. Trump, che si presenta come il difensore degli operai e della classe media, sta facendo pagare proprio a loro il prezzo di questa guerra.

La visione di Lula non si ferma però alla guerra commerciale, ma è una sfida al dominio del dollaro, che può portare ad un nuovo ordine mondiale! Lula ha chiesto: Perché dobbiamo commerciare in dollari? Chi ha deciso che il dollaro è il re? Sotto la guida di Lula i BRICS si stanno trasformando da un blocco di cooperazione in un’alleanza attiva contro il sistema finanziario dominato dagli USA. Allo scorso vertice BRICS di Rio de Janeiro Lula ha ufficialmente proposto una moneta comune per gli scambi tra i BRICS, che permetta di usare la valuta locale al posto del dollaro e di non dipendere più dalle banche dello swift code: l’aggiramento del dollaro sta già avvenendo negli scambi delle due più grandi economie emergenti, Cina e Brasile. Lula ha inoltre emesso i Panda bond, in modo da finanziare il proprio debito pubblico tramite i mercati cinesi riducendo l’esposizione ai creditori USA e al mondo monetario internazionale. La Banca centrale brasiliana ha ancora sensibilmente aumentato la quota di yuan nelle proprie riserve monetarie. Una Banca brasiliana è infine ufficialmente entrata ufficialmente nel sistema alternativo a swift, promosso dalla Cina ed una Banca cinese si occupa ufficialmente delle transazioni tra Cina e Brasile.

Si tratta dunque di una vera rivoluzione commerciale e tecnologica contro il potere illimitato del Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la rete swift! Gli USA hanno usato il blocco l’accesso alla rete swift per mettere in difficoltà Russia e Iran, ma Lula sta togliendo quest’arma agli USA ed ha proposto a Rio de Janeiro il progetto BRICS-pay, una rete alternativa per i pagamenti internazionali ed entro il 2025 questo progetto passerà alle prime applicazioni pratiche. Dietro questo progetto complessivo c’è l’obiettivo di ridurre l’indebitamento in dollari e costruire un sistema autonomo multilaterale, basato su equità e reciprocità. È lo schierarsi con i paesi neutrali, il che Berlinguer non ebbe il coraggio di fare preferendo vedere solo la dicotomia Occidente-Russia. La rivoluzione BRICS sta prendendo piede soprattutto in Africa, Asia sud-orientale e America latina, dove il modello neo-liberista imposto da Fondo Monetario Internazionale e Banca mondiale è stato spesso sinonimo di privatizzazioni forzate, tagli ai servizi pubblici e disuguaglianze crescenti.

Lula non è più solo il Presidente del Brasile, ma è il punto di riferimento per il Sud del mondo … è questo che terrorizza Trump! Le grandi Banche stanno parlando apertamente di Lula risk. Secondo dati aggiornati del Fondo Monetario Internazionale, la quota di dollari nelle riserve valutarie globali è scesa sotto il 58%, il livello più basso degli ultimi 25 anni; e, mentre l’euro resta stabile, il vero protagonista è lo spostamento di valuta favorito dalla Cina. Emerge così la crisi del dollaro, che più che una moneta è uno strumento di potere, è la moneta dell’impero! La dedollarizzazione sembra irreversibile e resta la domanda: la transizione verso un’economia multipolare avverrà gradualmente o ci sarà una frattura? …

All’interno di quest’ottica l’arrendevolezza della von der Leyen verso l’Imperatore può essere riletta come un aspetto della guerra contro il Lula risk! Resta l’opportunità per l’Unione Europea di svincolarsi dalla sudditanza all’Impero … ma il coraggio di vivere, quello, ancora non c’è!

Adolfo Santoro

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