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mercoledì 19 marzo 2025

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Accidenti all’amore

di Marco Celati - lunedì 10 febbraio 2025 ore 09:00

Accidenti all’amore e ai suoi sortilegi. Questo, più o meno, sembrava dicesse. A volte sussurrando, altre gridando. Accidenti all’amore, proprio così. Fanculo l’amore! Che, diceva, è un folletto, ti prende, ma poi si nasconde. Sparisce per sempre. E non torna. O è raro che torni. Traduco dal suo alfabeto, tutt’altro che chiaro. E detto così sembrava Shakespeare, una commedia, ma, capace, non lo era. Dava più sul tragico.

Girava in bicicletta con un cartello appeso al collo “Grazie Sharon Stone”. Questo c’era scritto. E urlava, al passaggio tra la gente: “Lo sconfiggeremo!”. Che cosa, chi? Veniva da chiedersi a tutti o soltanto a qualcuno che gli prestava attenzione. “Solo amore, solo amore! Lo sconfiggeremo”. Ripeteva, ossessivo. Allora era l’amore che bisognava sconfiggere? Oppure altro amore ci doveva salvare dal maligno, magari per intercessione di Sharon Stone? E questo andò avanti finché il legittimo proprietario della mountain-bike non la riconobbe, lo rincorse, lo menò. Ladro, deficiente, barbone!” E si riprese la bici, che magari per lui era solo presa in prestito. Accidenti all’amore! Pare avesse avuto una morosa, famiglia, figli, una casa e perfino una bicicletta, magari proprio sua. Poi un incidente. Ma chissà. Chiacchiere e biciclette le porta via il vento. Capace era solo e lo era sempre stato: tocco e solo. Nato così. La natura fa questi doni. La sventura. E l’amore ci nutre e ci affama.

Sharon Stone, dicono l’avesse vista al Cinema Parrocchiale, l’unico del paese, nel film “Basic Instinct”. Una rassegna giallo-noir. Il prete, dopo aver visionato privatamente e anticipatamente tutte le pellicole come al solito, si era raccomandato, per quella in particolare, di tagliare la scena dell’accavallamento con relativo epifanico scavallamento delle gambe della divina femme fatale protagonista, in generosa e munifica carenza di intimo. Piero, il vecchio e appassionato proiezionista anarchico, l’aveva anche promesso, ma col cazzo che l’aveva fatto. Togliere quelle scene fondamentali del film? Ma quando mai! E tutti i cinefili del Cineforum, credenti o meno, erano stati concordi e grati. Probabilmente era per questo che ringraziava Sharon Stone. Una visione mistica, un’apparizione mariana e salvifica. Accidenti all’amore!

Invece il prete ebbe la certezza e la riprova del male che possono fare il demonio e la santa bernarda, specie sulle deboli menti. Come quando quel povero e disturbato “ragazzo” -in realtà un uomo ormai- sottratta a un bambino tra i pianti del piccolo e le grida della madre -la presa in prestito era una recidiva- una pistola ad acqua, l’andò a riempire nell’acquasantiera in pregiato marmo di Carrara della Santissima Annunziata e se la puntò alla testa in un gesto suicida. Premette il grilletto, irrorandosi la tempia di acqua battesimale, poi porse la pistola al parroco dicendogli “Beneditemi Padre perché ho peccato!”.

Viveva in un monolocale con bagno, ricavati in una casa popolarissima, che le assistenti sociali, una volta al mese, andavano a ripulire e riordinare, togliendo rifiuti, sporcizia e cianfrusaglie ammassate, portando, di quando in quando, biancheria, panni e indumenti nuovi. Usati, per la verità, donati dalla pubblica carità, cristiana e non. Non aveva più un nome, lo chiamavano “Ah, lui”, oppure dicevano è passato “Quello”. Per i più vecchi era “Il ragazzo”, per i giovani “Il matto”. I vecchi sono buoni perché scontano l’età e i giovani, cattivi per lo stesso motivo. Le donne, per istinto materno, dicevano “Poverino!”.

A pranzo mangiava alla mensa dei poveri della Misericordia, accanto alla Chiesa, e la sera cenava, insieme ai malati, alla mensa dell’Ospedale, con i buoni del Comune. Se gli davi due soldi, che elemosinava spesso da passanti e turisti, soprattutto in estate, se li beveva o li giocava alla sala corse. Ma più spesso l’hanno visto portarli in Chiesa, nella elemosiniera, per accendere una candela. “Per la mia povera mamma”, diceva a curiosi e rompicoglioni che glielo domandavano. E a volte lo incontravano fra le tombe, le lapidi marmoree e i sepolcri imbiancati del Cimitero del paese. Accidenti alla Morte. Fanculo l’Amore.

Era rimasto solo figlio, e non padre e forse aspettava alla finestra l’amore o dall’amore chissà che si aspettava. Si ama un paese, i monti, le strade, le case di pietre e mattoni, i tetti di tegole o ardesia, si amano i suoi fiumi, la loro acqua limpida e fredda che si confonde con altra acqua, e tutto quello che scorre e che cresce. O si detesta tutto quanto, e si vive. Perché in fondo uomini e donne sanno di avere in comune ogni cosa e soprattutto le avversità. Le avversità e non la felicità per cui andrebbe scritta una storia migliore.

Marco Celati

Pontedera, Febbraio 2025

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Questa “storia” è in gran parte inventata con qualcosa di vero, perché in realtà, com’è evidente, non è una storia, bensì un racconto che deve l’ispirazione del suo finale a saltuarie, ma non meno provvide letture di Erri De Luca, Attilio Bertolucci, Raymond Carver e, chiaramente, Seneca.

“Me Cago En El Amor”, Tonino Carotone

https://youtu.be/cu3K1njbYqs?feature=shared

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati