METASEMANTICA omaggio a Fosco Maraini
di Marco Celati - martedì 27 dicembre 2016 ore 10:29

ACCAZZARSI
FOSCO
	È fosco e cupio e bigio il malinvento,
	
	riesce, riluca, risplendida la luna
	
	nel tosco rinvenir dell'invernento,
	
	nel fioco ricalarsi della bruma.
	Chi nella nottica fastella ne sermonta
	
	e lagne e folle in verso si consunge?
	
	Chi giugne a rimpillar, uso tramonta?
	
	Son io che fugo? O virgo che s'appunge?
	Chi sa che storpia o rivagola destino:
	
	se virgola rivolga a nostra ustanza
	
	o se il giornando bastardo del cammino,
	
	ci duce e sparte la bega costumanza.
	La belvida servatica catena
	
	allega noi e perfida s'arrazza,
	
	amoritura gioventesca smena,
	
	nientitudine resta e ci s'accazza.
SUGA È LA VITA
	Suga è la vita, bigiarda e tormentuosa,
	
	come quando, rugando l'astapippa,
	
	non riesce che uro e spermatosa
	
	e il leopardismo cosmico si zippa.
	A volte sembra morvida, sbiluccica,
	
	ma è un momento solo, poi s'ammucca,
	
	torna subito tristia e ti s'appiccica
	
	un'aria addosso grevie e fanfalucca.
	Un odore buso, perfino un po' merdesco,
	
	quello che resta di giovaneschi amori,
	
	passati pochi anni e il tempo pesco
	
	e sei già un vecchio lonso e dopo mori.
	Converrebbe viverlo un giorno sberlettato,
	
	sparar farfaglie, pillacchi e lapislazzi,
	
	gemmosi doni, malverso sbalengato,
	
	almeno è stato e il resto che s'accazzi.
SORTE
	Frigido il giorno, snebbia la collina
	
	e sbrina campagneti da' ghiacciazzi,
	
	sfumando tetti sverno s'avvicina,
	
	dentro leccarde rostan fagiuolazzi.
	Tangando ascolto musica argentina,
	
	aisí bailando espera de "volver",
	
	cantando all'amata rugantina
	
	e alle stelle beffarde "su querer".
	E quando mi dicesti c'amoriamo,
	
	c'amoriamo cosa, risposi piano, piano,
	
	ero già rosto, entrambi lo sappiamo:
	
	sabbiando il tempo, sfregola di mano.
	Buffante sorte di noialtri aggioca,
	
	sburlando sberleffa e dopo, vana,
	
	ci allascia la restante cosapoca
	
	di nostra sostananza e ci s'accana
	.
Marco Celati
Dicembre 2016
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Fosco Maraini era un genio. Etnologo, orientalista, alpinista, fotografo, letterato. Padre di Dacia, è nato e morto a Firenze, ma era un giramondo. Intellettuale vivace, spinto dall'etica della curiosità, la sua vita è stata un'avventura. Creatore della "Metasemantica", un linguaggio poetico con parole inventate e onomatopee. "Fanfole", così si intitola il suo libro. E "Gnosi delle fanfole" che lo seguì. Fra le sue composizioni più famose "Il giorno ad urlapicchio", il mio preferito, e "Il lonfo", celebre per la magistrale interpretazione di Gigi Proietti. Qui le riporto. Un ringraziamento particolare alla Chiara per avermi ricordato che il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta.
	IL LONFO
	Il lonfo non vaterca né gluisce
	e molto raramente barigatta,
	ma quando soffia il bego a bisce bisce
	sdilenca un poco, e gnagio s'archipatta.
	È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
	arrafferìa malversa e sofolenta!
	Se cionfi ti sbiduglia e t'arrupigna
	se lugri ti botalla e ti criventa.
	Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
	che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
	fa lègica busìa, fa gisbuto;
	e quasi quasi, in segno di sberdazzi
	gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
	t'alloppa, ti sbernecchia; e tu l'accazzi.
	
	
IL GIORNO AD URLAPICCHIO
	Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
	col cielo dagro e un fònzero gongruto
	ci son meriggi gnàlidi e budriosi
	che plògidan sul mondo infrangelluto,
	ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
	un giorno tutto gnacchi e timparlini,
	le nuvole buzzìllano, i bernecchi
	ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
	è un giorno per le vànvere, un festicchio
	un giorno carmidioso e prodigiero,
	è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio
	in cui m'hai detto "t'amo per davvero".
Marco Celati
 
 
		




 
                



