Re Capaneo e Guidino del grande Fratello
di Pierantonio Pardi - martedì 13 agosto 2024 ore 08:00
Bizzarre analogie tra Capaneo, un mitico re, e il Guido Genovesi (Guidino) del Grande Fratello.
“Qual fui vivo, tal son morto”
A pronunciare tali parole di disprezzo e indifferenza nei confronti della punizione divina, fu Capaneo, uno dei sette re che assediarono Tebe, ucciso da una folgore di Giove per essere stato un bestemmiatore degli Dei. Dante lo colloca nel terzo girone del settimo cerchio dell’Inferno tra i violenti contro Dio, natura ed arte (bestemmiatori, sodomiti e usurai). La loro pena consiste nel giacere supini e indifesi sotto la pioggia di fuoco sulla sabbia infuocata.
Ma che c’entra Capaneo con Guido Genovesi, detto Guidino?
Beh, una qualche analogia c’è, perché Guidino, nell’edizione del 2004 del Grande Fratello a cui partecipava come concorrente, si lasciò sfuggire una bestemmia e subito Canale 5 lo radiò da quella trasmissione.
Sfuggito quindi, per motivi temporali, all’ira di Giove e alla condanna successiva di Dante, Guidino, nel tempo, si è poi ritagliato e costruito un profilo di scrittore, giornalista e intrattenitore comico di successo, bi – laureato (in Lettere e Filosofia), facendosi beffe, in questo simile a Capaneo, della purga censoria di Canale 5.
Oh, intendiamoci: Guido sbagliò. La bestemmia è sempre e comunque esecrabile e volgare e la decisione fu giusta, ma sarebbe ancora più giusto eliminare dai palinsesti televisivi un reality demenziale come il GF. Guido ha poi raccontato, ironizzando sulla sua balbuzie, la sua esperienza al GF in un libro, “Il mio reality”. Ecco un suo commento a riguardo:
«Quando fui espulso dal Grande Fratello – e il richiamo all’episodio passato è d’obbligo – perché imprecai in diretta ci furono delle conseguenze. Dall’esposto in procura all’oscuramento di ogni mia apparizione o comparsa in tv. Oggi invece esprimersi con frasi blasfeme o spropositate è un ingrediente dello show. Un po’ come è successo per i capelloni e per i tatuaggi. Prima scandalizzavano oppure erano segno di ribellione. Ora sono diventati di moda. La società dei consumi – aggiunge il dottore bis – ha assorbito ogni spinta sovversiva».
Ho conosciuto Guido Genovesi il 24 gennaio del 2006 perché mi sottopose un suo manoscritto per una eventuale pubblicazione su “Incipit”, la collana di narrativa ETS diretta da Daniele Luti e da me. Il romanzo mi piacque, sia per la trama, sia per lo stile, originalissimo e divertente e quindi lo avrei pubblicato in collana, ma le editrici si opposero, senza specificare bene i motivi del niet.
Proposi quindi il manoscritto al mio amico storico Alessandro Scarpellini, direttore in quei tempi della collana “Leone rosso” per Felici Editore e lui, dopo averlo letto, decise di pubblicarlo nella sua collana. E così il libro che vado a presentare ha una mia prefazione e una postfazione di Alessandro e ho aggiunto ad entrambe degli inserti narrativi di Guido.
Guido Genovesi
CHISSA’ COSA SUCCEDE A GABORONE
Il plot, in breve.
Mentre si appresta a chiudere il suo negozio di Compact Disc il Musicomio, a Pontedera, Guido torna dopo otto anni al bagno Lido in Versilia. Vi ritorna con la moglie e la figlia di un anno e con una certa malinconia addosso. In quel microcosmo che è il bagno, Guido riscopre i luoghi e le atmosfere di sempre, anche se molte cose sono cambiate. La narrazione procede tutta su un doppio binario; al presente e agli amici ritrovati, si intervalla il passato con gli amici che non ci sono più e i ricordi dell'adolescenza. E su un doppio registro a momenti elegiaci si alternano rapide sequenze ora comiche ora surreali con un taglio quasi cinematografico. Si intrecciano in questo romanzo, anzi spesso si sovrappongono riflessioni sulla vita sull'amore sul senso dell'amicizia sulla politica sul tempo che scorre travolgendo ogni certezza per finire in una sorta di automazione dove Guida parla dei suoi ticket, della balbuzie e delle sue infinite manie.
Dalla mia prefazione, con incursioni narrative di Guido.
Chissà cosa succede a Gaborone ?
Già, perché non dovremmo saperlo? In fin dei conti viviamo in un villaggio globale, siamo in rete, navighiamo nel web. E quindi questa domanda che si pone Guido, protagonista e narratore di questa storia, potrebbe apparire superflua. Se poi a Gaborone, capitale della Botswana, non sono connessi…beh, questo è un problema loro!
C’è un’ironia amara in questo romanzo, che attraversa un po’ tutte le pagine, una rappresentazione del tragicomico quotidiano, che fa di Guido un comico, spaventato guerriero (parafrasando Benni) che analizza la sua vita e quella degli altri tra squarci di comicità, spifferi di lirismo e rabbie inesplose.
Il plot è scheletrico, ma efficace: Guido deve chiudere la sua attività, un avviato negozio di C.D. che già nell’insegna nasconde un destino beffardo, una sinalefe futurista, un bizzarro neologismo. Musicomio è il nome del negozio, ma la tecnologia omologata, clonata e masterizzata ha reso ormai inutile l’antica mercatura:
Il mio negozio che spesso il sabato mattina causa postumi di natura quasi sempre alcolica apriva a mezzogiorno oppure non aprivo nemmeno. Il mio negozio che economicamente tutto sommato mi bastava e non avrei cambiato con niente al mondo. Il mio negozio che me lo ero fatto con le mie mani, modellato col tempo sempre più a mia immagine e somiglianza. ll mio negozio caldo e nevralgico, il mio negozio che metteva a disagio certe compassate persone, il mio negozio dove venivano anche da fuori città e dove un giorno alcuni giapponesi mi chiesero il permesso di scattare alcune fotografie. Incredibile: i massimi esponenti della civiltà tecnologica restarono stupefatti, attoniti di fronte a quelle pareti tappezzate di fotografie. Addirittura usarono il cavalletto per fotografare una gigantografia che ritraeva una piramide di 13 culi sulla scala dell'Istituto d'arte di Cascina durante un'occupazione. Ricordo che l'allestimento scenico fu assai lungo e meticoloso ma il risultato fu grandioso e nessuno di quei 13 culi avrebbe mai pensato di rifinire un giorno nel paese del Sol Levante.
E allora, dopo la chiusura, Guido, eroe romantico suo malgrado, sente il bisogno di staccare la spina e si concede una vacanza a Viareggio, al bagno Lido, il bagno della sua infanzia e adolescenza, dove da otto anni non metteva più piede.
E’ un viaggio dal centro (la città, il negozio) alla periferia (il mare, i ricordi); una sorta di sipario che si squarcia e svela gli sfumati contorni di una recherche, vissuta come un inabissamento agrodolce, quasi leteo.
Ed ecco che, dalle quinte di questo sipario, si materializzano, quasi maschere della Commedia dell’arte, i vecchi amici, dai nomi fantasiosi e bizzarri, simili a proiezioni oniriche: i tipi “fissi”, stereotipati, gli “arrivati” grotteschi, le “bellone” caricaturali, le famiglie in bilico tra neorealismo e avanspettacolo, insomma un bestiario tristallegro, colto attraverso istantanee cinematografiche, che proietta Guido in una dimensione doppia, tra passato e presente, dove, però, è proprio il passato a diventare egemone, con i ricordi, i flash back, le rimembranze insomma, un po’ tra Leopardi e Fellini, quello di Amarcord .
Ed anche in questo romanzo c’è un’immagine simbolo: quella del vecchietto che corre sulla battigia e nessuno sa da dove venga e dove vada, come il motociclista di Amarcord, inquietante metafora del futuro. Qui, invece, il vecchietto è metafora della poesia, filtrata dal sogno.
Insomma un libro, questo, essenziale nella “fabula”, ma ricchissimo negli “intrecci” che offrono infiniti spunti di riflessione sul tempo presente e, proustianamente, sul tempo passato e quindi perduto che è poi quello dei primi amori, degli scherzi eccessivi, della goliardia, della titubante scoperta del sesso, degli amici che si sono persi; il tutto rivisitato in un’ottica ormai matura che sfuma i ricordi in una nostalgia struggente, ma mai stucchevole.
Parafrasando i generi musicali, si potrebbe paragonare questa narrazione ad un Blues che si dilata coralmente (le voci degli amici ) in una sorta di polifonia che ritma dialoghi e monologhi, visioni e sogni dove la voce recitante, che è quella del protagonista, inserisce assoli stemperati da una comicità sotterranea, a tratti amara, altre volte decisamente sarcastica.
Dalla postfazione di Alessandro Scarpellini, con incursioni narrative di Guido.
Questo romanzo di Guido Genovesi, da tutti conosciuto come Guidino, ha un'ironia e una malinconia che ti fanno pensare. Dopo una lettura divertita e scanzonata anche perché il suo linguaggio è fluido e piacevole, una moltitudine di pensieri inizia ad abitare il cuore e la mente. Non hai letto semplicemente una storia esistenziale e un po' pazza, di cui poi non ti rimane niente se non delle scenette da ricordare, ma sei entrato nella trama della vita che ti trovi ad affrontare quotidianamente, a volte con un senso di smarrimento e di scoraggiamento.
Ci sono temi, in questa storia, che, se pur trattati in maniera surreale, riguardano tutti: il tempo che passa, il sentirsi diversi e il dover essere normali, la fine dei sogni, il crescere e l'invecchiare, l'essere unici e simili ad altri, il mondo che ci circonda, il vivere e il sopravvivere, le abitudini che ci costringono ad essere altro da quello che sentiamo, le mutazioni e cambiamenti, l'esistenza in sé.
La maestria di Guido Genovesi è il suo modo di raccontare di coinvolgerti di farti ridere, di porti dei problemi ai quali prima o poi dovrai rispondere ( sempre che ci sia una risposta …)
Come dice Pierantonio Pardi , autore della prefazione, Chissà cosa succede a Gaborone è quasi un Blues che si dilata coralmente in una sorta di polifonia ( le voci degli amici ) dove la voce recitante, che è quella del protagonista, inserisce assoli di una comicità sotterranea, a tratti amara e altre volte decisamente sarcastica.
A me per qualche ragione segreta che poi cercherò di rivelare, viene in mente oltre al Blues, la musica di Thelonious Monk, geniale pianista soprannominato “Il Cappellaio matto” che è stato uno degli ispiratori e dei fondatori del jazz moderno.
Guido - stravagante, malinconico, romantico, divertente protagonista/ autore del romanzo somiglia in qualche modo al Cappellaio di Alice nel paese delle meraviglie che se ne sta seduto comodamente ad un tavolo imbandito e pieno di stoviglie usate a bere il tè con la lepre marzolina e il povero ghiro, ma a differenza del personaggio di Carrol non rimarrà prigioniero del tempo che non c'è più.
La vita continua, sempre.
Guido troverà una soluzione a questo dramma del tempo che passa / non passa e delle situazioni che cambiano / non cambiano: soluzione suggerita dall’amico viareggino Ruggero e da un vecchietto che corre vicino alla riva diventando poi un puntino in movimento.
Il Musicomio negozio di cd e di arti varie, ricorda il tè di matti, di simpatici matti di Lewis Carroll, luogo dove la vita ha e aveva un senso diverso, l'esistenza era ed è qualcosa di altro dallo scorrere frenetico e condizionato delle ore.
La chiusura del Musicomio - conseguenza della spietata legge del mercato globale che se ne frega dell'unicità e della straordinarietà della vita degli esseri umani - é la fine dell’utopia, del sogno, del sentirsi liberi e leggeri, dell'anarchia totale ed incontrastata della giovinezza.
Guido vive una profonda crisi esistenziale poiché ha nostalgia del suo periodo felice, quello del Musicomio a Pontedera nel quale non abitava nel tempo rettilineo e progressivo che caratterizza la società dei consumi e dei consumatori: il tempo delle sue giornate, allora, era personale e trasformabile; bastava un cenno, un bisbiglio ed egli lo faceva correre velocemente o lo arrestava di colpo o gli imponeva di tornare indietro. Quasi quasi credeva di possedere il segreto della gioia, dell' allegria, della vita, dell'esistenza, dell'eterna giovinezza ma il mondo cambia e può cambiare anche noi... fuori dentro.
Fine di una stagione? Passaggio inevitabile? Fine del sogno e della voglia di esserci?
Il Cappellaio Matto, un lampo improvviso nella mia mente è stato anche il logo della visionaria etichetta discografica The Famous Charisma Label che distribuiva nei primi anni ‘ 70 i dischi di artisti e gruppi quali i Genesis, i Van der Graf Generator, i Lindisfarne, Clifford T. Ward, String Driven Thing, Jack The Lad, Audience, Vivian Stanshall, i Monthy Pyton.
Tutto questo c’entra qualcosa con il Musicomio?
Analogie, vicinanze, assonanze, sincronie che non sempre la ragione può spiegare: Chissà cosa succede a Gaborone è tutto un’ allegoria, oltre che ad avere in sé un’ amara allegria (la dolcezza, la tristezza, la gioia di esserci).
Ha ragione Pierantonio Pardi a citare Leopardi e Fellini, parlando del continuo e significativo intreccio fra presente e passato in questo straordinario e divertentissimo romanzo di Guido Genovesi.
Il tempo rimane il mistero e l'essenza della vita, la vita - l'essere unici, distinti, diversi... persone -- forse resta il mistero e l'essenza del tempo. Certezze, risposte sicure ed assolute, non ve ne sono. Non per fare il filosofo, ma ripeto dentro di me come un mantra l'indovinello del Cappellaio Matto: "Che differenza c'è tra un corvo e una scrivania?” e penso -- ripenso all'intuizione di Gardner sul mondo che di per sé non contiene segni e che non c'è alcun rapporto tra le cose e i loro nomi tranne il passaggio per una mente che trova utili le etichette --.
Ma chi o che cosa ha cambiato la realtà delle cose?
Chissà cosa succede a Gaborone ha in sé qualcosa di antico e di nuovo: la fine di un mondo e il passaggio a qualcosa d'altro da guardare disincantati, senza più illusioni, magari con una imprecazione trattenuta a stento fra le labbra (…e qualche volta ti scappa) ma anche con un sorriso ironico amaro sulla realtà della società dei consumi e su come questa realtà ovunque e comunque penetrata potrebbe ridurci ... ridurre i nostri sogni, i nostri desideri, le nostre speranze, la nostra esistenza, il nostro passato e il nostro presente.
La fine del Musicomio è un passaggio ad un'altra età, ad una maturità che potrebbe divenire tragica, ad una disperazione che potrebbe uccidere o fossilizzare il cuore facendoci dimenticare persino la voglia di volare e la fantasia di essere il tempo dei sogni della speranza e della giovinezza.
A Guido che torna al bagno Lido di Viareggio dopo 10 anni di assenza - una generazione, tante generazioni - tutto sembra cambiato e tutto sempre incredibilmente come prima. Appartiene, come sua moglie Veronica, ad una generazione di mezzo, sfuggente e non etichettabile, e rifiuta, anche se ora è padre, di sentirsi spettatore di quello che accade. Stramaledice e ama la vita. vuole sentirsene ancora parte, essere attore, e, a costo di fare qualche cazzata (che farà) e pur avendo una diversa consapevolezza dell’esistenza (che verrà fuori), si unisce ai giovani più casinisti del bagno
Era un dopo cena parecchio alcolico, credo fosse poco più di una di notte punto e, Eravamo rimasti sul bagno a chiacchierare e a smaltire la sbronza. A un certo punto qualcuno disse: bella quella pianta indicando sulla passeggiata poco oltre una panchina una pianta di alloro potata da mano grottesca punto improvvisamente avvertì un impetuosa poetica attrazione verso quel Mirabile tondo e partì di corsa spiegando un salto dalla panchina e tuffandomi di testa dentro la pianta udì un coro di stupore le valse alle mie spalle punto e, un coro di voci ovattate lontano. Poi le voci si fecero più vicine tutti si erano precipitati alla pianta da cui spuntavano solo i miei piedi e un po' distinti perché il corpo si era completamente glorificato dentro l'alloro
Ci sono lievi, dolci trasgressioni, come dice lo stesso protagonista alle quali l'animo umano forse non dovrebbe mai rinunciare.
Una storia assolutamente spassosa, divertente che ti presenta personaggi indimenticabili (Baiolo, il Lenzi, Giovanni, Robertina, il Ciuffardi, i Pinzauti, Lardosio, il dottor Minchiozzi, Grappolo, il Bocca, i Bracaloni, il professor Bonocore, Bellicapelli, il Pannocchia, Marta Malleno, il commendator Calvi, l'avvocato Panzanella, l’Arzilli, la signora Bottini, il Conte, l'Elettrico, il Castragatti, Ruggero, la Musetti, Tommaso, Fabiolino, etc.) talvolta anche grotteschi e fortemente caratterizzati quasi fossero maschere che ti fanno vivere il circo e la circolarità dell’esistenza, assistere ad uno spettacolo diverso e che si ripete per ogni generazione.
Non è un caso che la storia si svolga a Viareggio, città del carnevale, anche se il ricordo del Musicomio e della sua umanità continuamente torna a rivivere nella mente di Guido: il bagno Lido diventa un corso mascherato, una passerella di persone e di storie, un momento di riflessione sulla vita e sul modo di essere ( anche se Guido non giudica, non assolve non condanna.
Dentro questa nostra realtà, questo altro tempo della vita si può comunque vivere con l'allegria e la malinconia di esistere. Ruggero, quasi alla fine del romanzo, sembra essere la chiave di volta di un'altra filosofia dell'esistenza; Guido cambierà la sua visione del mondo, la considerazione di sé e del presente:
"Non a caso” questo lo sottolineava sempre “ a Viareggio si dice che ci sono tre cose in abbondanza acqua, rena e ignoranza … e ne andiamo fieri, perché in fondo la cultura per quanto bella, è una sovrastruttura che ci rende leziosi ci cambia ci fa essere artificiali”.
Il mare, la libertà, l'anarchia, l'insofferenza, il significato della cultura: mai come in quel momento riaffioravano in me le parole di Ruggero. E ancora quando diceva che il carnevale è uno stato mentale, un modo di contrastare questa vita che ci rapina giorno dopo giorno, un rito pagano e scanzonato che rompe ogni schema, che infrange ogni regola, che dissacra l'ordine costituito. Ma soprattutto è una liberazione, una grande festa popolare dove la gente si maschera, canta, balla, ride si ubriaca. Ed è un qualcosa di straordinariamente effimero, perché ogni anno il carro viene smembrato, distrutto, insomma muore. Non c'è tempo però per la nostalgia, perché bisogna subito ricominciare e perché sarebbe troppo ingombrante portarsi dietro i ricordi.”
Bisogna sorridere di tutto, mai considerare la fine di una stagione e di un momento un evento traumatico, e, affidandosi alla forza della vita, divenire punti in movimento, come il vecchietto che corre e ha il viso del poeta neo --esistenzialista Ettore Salvetti i che parla della morte della poesia in una biblioteca vuota davanti ad un pubblico di assenti. Non è poi così importante sapere in tempo reale cosa succede a Gaborone, capitale della Botswana, o altrove ma capire cosa accade a noi, intorno a noi, dentro noi quando la musica della giovinezza, del sogno, dell’ utopia, della speranza, delle illusioni finisce e inizia un'altra musica.
(…) Lasciare tenui, impalpabili impronte in questa vita, ecco cosa sembra dirci Guido Genovesi con un sorriso amaro e divertito sulle labbra, incapaci, per nostra e sua fortuna di pronunciare la parola fine.
L’autore
Guido Genovesi, detto "Guidino", ha esordito in televisione nel 2004 partecipando al Grande Fratello. La sua permanenza nella casa più spiata d'Italia, però, non è andata come sperato: a causa di una bestemmia è stato squalificato dopo poco più di un mese. Nonostante questo episodio, ha continuato la carriera nel mondo televisivo, diventando conduttore, opinionista e comico di diversi programmi di un'emittente locale toscana. Ha anche conseguito due lauree, una in lettere moderne 31 anni fa e ora l'altra, in filosofia.
Chissà cosa succede a Gaborone (Felici Editore, 2006) è il suo primo romanzo, altri romanzi: Il mio reality (Tagete, 2005), Panni sporchi (con Niki Giustini) (Tagete, 2008), Disconnessioni (MDS, 2017)
Pierantonio Pardi